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FAQ
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Modulo d'ordine per infoltimenti capelli, protesi capellie protesi parzialiQuesto modulo d'ordine e predisposto per realizzare un impianto o protesi capelli personalizzato fino ai minimi dettagli anche per impianti capelli e protesi capelli non invasiva dalla forma alla lunghezza dei capelli , la densita, l'ondulazione , il colore dei capelli, lo stile, sè si ha una %di capelli bianchi etcc..
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Adesivi per infoltimenti capelli protesi capelli , impianti capelli -bio adesivi-tapeCharme arte - leader nel settore dei infoltimenti capelli, protesi capelli, impianti capelli collabora con le piu grande marche di produzione di adesivi e bioadesivi e in oltre produce dei propri prodotti sia in pretagliati che in rollini bio-adesivo presogamato, pretagliato, telato, color crema. trasparente confezione da 36 pezzi bioadesivo per protesi capelli adesivi per impianti capelli adesivo per infoltimenti capelli adesivo per impianto capelli adesivo per protesi capelli adesivo per protesi capelli totale e parziale in capelli naturali adesivi per calotta anticalvizia www.charme-arte.net www.charme-arte.com tape for wig and toupets tapes for toupets Charme Arte :le migliori soluzione sul mercato contro il diradamento e la calvizia e l'alopecia aerata, soluzione di qualsiasi genere, in pellicola, poly, lace, miste, in capelli indiani , europei e sovietici Charme Arte prodotti specifici anallergiciper infoltimenti capelli, impianti capelli in capelli veri, protesi capiin capelli naturali, calotta anticalvizia dermocapillare www.charme-arte.com www.charme-arte.net www.charme-arte.net www.charme-arte.com
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Cos'è la protesi capelliCos'è la protesi La protesi capelli è la soluzione non chirurgica per chi vuole un infoltimento capelli rapido e sostanzioso; scopriamone nel dettaglio le caratteristiche tecniche. Altri aspetti fondamentali nella scelta della protesi sono la durata nel tempo e il costo. Una protesi è studiata appositamente per coloro che hanno problemi di perdita di capelli. Le protesi sono create da una combinazione di tessuti, sui quali vengono innestati i capelli, utilizzati per ricreare l'aspetto di una chioma e un cuoio capelluto il più possibile naturali. Tutti i materiali delle protesi sono trattati per resistere allo sporco, ai grassi e agli acidi del corpo, oltre a quelli di prodotti chimici (quali permanenti o tinture) fornendo al tempo stesso il massimo comfort. Le protesi sono diverse dalle parrucche per qualità e prestazioni e soprattutto perché le protesi vengono fatte su misura seguendo le caratteristiche del cliente (misura, tipo e colore dei capelli...) E' importante sapere a chi rivolgersi per la scelta di una protesi. Uno studio tricologico, che propone soluzioni ai problemi di capelli, dispone di tecnici specializzati che conoscono a fondo la materia e sono in grado di creare la protesi giusta per ogni individuo, oltre ad avere la professionalità necessaria per tagliare e acconciare una chioma. COM'E' FATTA UNA PROTESI? COS'E' UNA PROTESI? E' impossibile dare una risposta in generale in quanto ogni azienda produttrice di protesi usa materiali, resine e tipi di capelli differenti. Comunque: gli “elementi” principali delle protesi sono: 1. la base 2. i capelli 3. i metodi di attacco La base La base è il supporto sul quale vengono innestati i capelli. Nel 90% dei casi le basi sono costituite da tessuti, di vari tipi e caratteristiche, oppure da una combinazione di resine. Come potrete capire il requisito assolutamente prioritario è che questi materiali siano completamente atossici e anallergici, in quanto rimangono a contatto con la cute, anche in situazioni di grande sudorazione, per tempi molto prolungati. Come dicevo ci sono varie tipi di basi: dalle più leggere e traspiranti a quelle pesanti, grosse e poco traspiranti. Ma questo dipende molto dal centro che le produce. Logicamente un prodotto per essere il più confortevole e “invisibile” possibile deve essere massimamente sottile, leggero ma soprattutto traspirante. Dopo qualche giorno dovreste non ricordare più di portare una protesi, ma considerarla come i vostri capelli. A molti sembrerà impossibile, ma se non ne sentite il peso in testa, l'eccessivo caldo o l'irritazione causata da certi tipi di protesi, vi dimenticherete di avere una protesi. Infatti è proprio questo l'obiettivo: riavere attraverso la protesi i capelli e considerarli come i propri. Se invece la protesi vi crea problemi, non riuscite a portarla perché intollerabile, troppo pesante o altri problemi... fermatevi a pensare. Ci saranno altri tipi di protesi in altri centri? Mi interessa trovare un tipo di protesi diversa in altri centri che possa soddisfare le mie necessità? Spesso si ha paura di provare altre protesi di altri centri, o si ha timore ad andarsi ad informare, perché spesso si crede che tutti i centri “tricologici” siano uguali. Ma spesso non è così. Perciò, se la protesi per noi diventa un problema perché importabile, troppo pesante o ci crea altri fastidi, proviamo a contattare altri centri: forse troveremo la soluzione ideale per noi. La protesi non deve diventare un peso... un problema ancora maggiore della perdita dei capelli in sé: dovrebbe essere una soluzione! Per questo non si deve aver paura ad andare in altri centri, porre domande e chiedere di visionare i loro prodotti. Adesso ci sono sul mercato protesi molto leggere, trasparenti e traspiranti! Solo così ci si potrà veramente dimenticare di avere una protesi in testa... se non si sente, se non ci fa caldo... e soprattutto se non ci crea molti problemi di manutenzione dopo un po' ce la dimentichiamo! I capelli Per le protesi vengono utilizzati due tipi di capelli, a seconda delle esigenze e richieste del cliente: 1. capelli umani 2. capelli sintetici I capelli maggiormente usati sono quelli umani, in quanto si riesce a dare un effetto del tutto naturale. Al momento dell'ordine, il tecnico, insieme a voi, sceglierà il colore di capelli il più possibile simile al vostro, ma soprattutto sarà importante scegliere un tipo di capello molto simile al vostro come spessore, lunghezza, diametro, riflessi e quanto più possibile. Non chiedete dove si trovano i capelli: ci sono ditte che vendono solo capelli! I capelli umani, proprio per il fatto che sono naturali e umani, con il tempo, con l'esposizione al sole, ecc., tendono a perdere un po' di colore e a schiarirsi. Questa è una cosa naturale. Se il caplello non cambia colore nel tempo vuol dire che non è naturale I capelli sintetici invece hanno il pregio di non cambiare mai il colore: rimangono sempre uguali. Ma un capello sintetico ha anche più bisogno di cure: in quanto sintetico non assorbe i normali prodotti per capelli che ci sono in commercio. Bisogna infatti usare prodotti specifici. I metodi di attacco Esistono vari tipi di attacchi: 1. Nastri biadesivi 2. Adesivi liquidi 3. Clips 4. Attacco tramite i propri capelli Nastri biadesivi: sul mercato esistono vari tipi di nastri biadesivi: dal più leggero al più forte, che resiste parecchi giorni e che è resistente anche all'acqua. L'importante comunque è che siano sempre nastri medicali, in modo da scongiurare qualsiasi tipo di allergia. Adesivi liquidi: sono adesivi non stesi su film ma allo stato liquido. Questi nuovi tipi di adesivi permettono un attacco chiamato semi-permanente, in quanto l'attacco dura anche due mesi. Quando si usano questi tipi di adesivi è necessario sapere che non siano tossici, che siano dermatologicamente testati; soprattutto è importante usarli con protesi che fanno traspirare la cute, proprio perché l'adesivo resiste per parecchio tempo; l'importante è che per questo tempo la cute possa “respirare” e che possa comunque essere lavata (oggi ciò è possibile con i nuovi tipi di protesi!) Clips: è un vecchio metodo di attacco: si “legano” i propri capelli alle clips, cucite alla base della protesi. Questo sistema si usa solamente in rarissimi casi (portatori di protesi da anni e anni) e nei casi di persone che vogliono portare la protesi dopo aver fatto un trapianto di capelli, solamente nei primi mesi prima della crescita (o finché i capelli trapiantati siano cresciuti di almeno un centimetro). Attacco STH tramite i propri capelli: questo è un nuovo tipo di attacco e non prevede nessun tipo di adesivo o di clips. E' utile per le persone che sono allergiche a qualsiasi tipo di adesivo.
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L'adesioneL'adesione della protesiL'adesione della protesi In generale i sistemi d’adesione possono essere delle vere e proprie colle oppure possono essere dei nastri biadesivi NASTRI BIADESIVI I biadesivi sono nastri con due estremità collanti: una specifica per la cute, una specifica per la base protesica; vanno sagomate e attaccate alla base, dopodichè la protesi può essere posizionata sul capo. Per chi vuole incollaggi semipermanenti sono l'ideale. Durano oltre un mese. Hanno però uno spessore e possono rendere la base della protesi più riconoscibile. Non sono consigliabili quindi sotto sistemi ultra sottili, i quali perderebbero proprio questa loro caratteristica. Il grado di coesione con questo metodo è elevato. Le manutenzioni (e quindi il ricambio dei biadesivi) non sono complicate, il problema è puramente riguardante la manualità che bisogna acquisire per imparare a sagomare il prodotto in base alla morfologia della base protesica. COLLE - Esistono un primo gruppo di colle e collanti: quelle VINILICHE resistenti all'acqua, sotto forma di creme. Chimicamente sono similari alle colle d’utilizzo domestico a base vinilica. Si asciugano lentamente, e da asciutte restano sempre un po' gommose. Applicate al capo permettono un’adesione protesica di circa una settimana, mentre sotto una protesi ultra sottile ad esempio frontale durano pochi giorni permettendo ai lembi di sollevarsi o sporcarsi. Prediligono solventi organici per sciogliersi. Queste colle, testate da molti utenti che partecipano al forum di Salusmaster, risultano essere ben tollerate a livello dermatologico, non inducendo fenomeni d’irritazione locale o d’ipersensibilità allergica. La manutenzione consiste nella rimozione della colla dal cuoio capelluto e dalla base protesica e in seguito in una nuova applicazione e in un nuovo posizionamento. Forniscono alla protesi buona resistenza meccanica alla trazione e minimo spessore tra interfaccia epidermica e interfaccia della base. La traspirazione cutanea è fortemente impedita dovunque la colla è stesa. I follicoli piliferi eventualmente rimasti possono essere soffocati da un'installazione protesica e possono andare in lenta, definitiva, ingravescente atrofia. - Esistono un secondo gruppo di colle e collanti: chiamate spesso "hardbond" e/o "hultrahold" sono colle e tipi di gel a base SILICONICA, ACRILICA, CIANOACRILICA, o resine a base ACRILICA E EPOSSIDICA. Sono chimicamente molto resistenti, strutturalmente simili a colle utilizzate nell’artigianato e a livello industriale a base di cianoacrilato (SuperAttack).Si asciugano a contatto e una volta appoggiata la base alla cute, è assai difficile un riposizionamento. Con queste colle si può arrivare ad un’adesione di molti giorni e settimane sul capo e circa una settimana/dieci giorni su una base ultrasottile frontale. Esteticamente queste colle sono un po’ meno invisibili del primo gruppo perchè asciugandosi lasciano la pelle un po’ lucida e se si utilizzano basi in lace che permettono la trasparenza e la visibilità della cute, questa può apparire come costantemente sudaticcia. Prediligono solventi alcolici per sciogliersi. Non ci sono sufficienti test e sperimentazioni ma basta un po’ di buonsenso per capire che questi prodotti sono assorbiti dall'organismo anche se in misura infinitesimale. E non sono certo prodotti di utilizzo cosmetico comune. In alcuni soggetti l'applicazione di queste colle ha determinato problemi dermatologici di tipo irritativo. E' bene, prima di utilizzare queste colle, eseguire un piccolo test sulla vostra cute: stendete un velo di colla in un punto qualsiasi di pelle, non necessariamente sul capo e studiate se questa reagisce alla sostanza in modo anomalo o indifferente. La manutenzione consiste nella rimozione della colla dal cuoio capelluto e dalla base protesica e successivamente in una nuova applicazione e in un nuovo posizionamento. Forniscono alla protesi grande resistenza meccanica alla trazione e minimo spessore tra interfaccia epidermica e interfaccia della base. La traspirazione cutanea è fortemente impedita dovunque la colla è stesa. I follicoli piliferi eventualmente rimasti possono essere soffocati da un'installazione protesica e possono andare in lenta, definitiva, ingravescente atrofia. FATTORI CHE SFAVORISCONO IL POTERE ADESIVO DELLE COLLE - La ricrescita dei capelli sotto le protesi - Il sudore - La seborrea - Il calore
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Soluzione protesicheLe migliore soluzione protesiche > Le protesi > Le soluzioni protesicheLe soluzioni protesiche Le principali soluzioni al problema della calvizie sono la terapia farmacologica, la chirurgia o in alternativa la protesi E' dunque fondamentale che una realtà completa e unica sul web come Salusmaster per tutto ciò che riguarda la calvizie si occupi di far luce anche su questo tipo di prodotto, non solo perché richiestoci da numerosi nostri lettori in questi mesi, ma anche e soprattutto perché è proprio da questa 'branca' della tricologia che proviene la maggior parte delle speculazioni, per non parlare di vere e proprie frequenti truffe con conseguenti 'salassi' economici per chi si rivolge agli operatori di questo settore alla ricerca di una soluzione definitiva. 'Capelli che si integrano ai tuoi' 'Capelli veri e naturali perfettamente integrati con i tuoi capelli' 'Sistemi integrati' 'Capelli che non crescono' '....ecc' verità più o meno velate nascoste tra parole ad alto effetto pubblicitario per parlare in definitiva di un solo prodotto: La Protesi Certo, definire questa soluzione come 'Protesi' potrebbe risultare fastidioso, potrebbe non avere la stessa efficacia, potrebbe dissuadere molti, deludere aspettative. Di fatto, quando si parla di 'Reinfoltimenti non chirurgici' si parla di Protesi. Portare una protesi non dovrebbe essere motivo di disagio, né far sentire chi la porta come un 'menomato'. Non c'è per esempio alcun problema se una donna si concede una bella protesi al seno, o se un anziano si fa realizzare una protesi dentaria perché impossibilitato a masticare. Perché allora porsi problemi per una protesi di capelli? Cosa dovrebbero fare coloro che hanno subito ustioni, che sono stati colpiti da particolari forme di alopecia areata, totale o universale, coloro che hanno avuto una alopecia cicatriziale in seguito a innesti di capelli artificiali, o semplicemente coloro che non sono soddisfatti della una terapia farmacologica o chirurgica intrapresa e richiedono un reinfoltimento rapido e completo? E' però d'obbligo mettere bene in luce, oltre agli impareggiabili vantaggi estetici di questa soluzione, anche i limiti e le caratteristiche tecniche, e soprattutto preparare psicologicamente a questa scelta. Va anche detto che non tutte le soluzioni offerte in questo campo sono uguali. Pertanto sarà bene presentare i differenti tipi di protesi proposte da diverse realtà presenti in commercio, contribuendo così a creare la consapevolezza che non sempre le soluzioni più pubblicizzate sono le più valide. Soprattutto, cercheremo di mettere a disposizione il maggior numero di fotografie, ingrandimenti, dettagli, poiché siamo consapevoli che tante parole lasciano il tempo che trovano se poi quanto proposto non è all'altezza delle aspettative. Questa sezione è creata col contributo di un esperto che opera in questo settore da oltre 15 anni e che sarà a disposizione per eventuali approfondimenti, discussioni sul forum e appuntamenti periodici in chat.
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Il cuoio capellutoIL CUOIO CAPELLUTO Il cuoio capelluto è un’area collocata sulla scatola cranica, che completa la funzione di protezione dell’encefalo (Cervello) ed è ricoperto, a sua volta, dai capelli che contribuiscono alla termoregolazione filtrando i raggi del sole. Sono tre gli strati che costituiscono il cuoio capelluto Molte ghiandole sono presenti nel contesto del cuoio capelluto , ed esse possono essere sebacee e sudoripare. Le più frequenti malattie del cuoio capelluto sono: la forfora , la dermatite seborroica , i tumori benigni e maligni, le micosi , la psoriasi , le verruche , ma una delle alterazioni più frequenti è la calvizia comune ( calvizie androgenetica ). In Italia la calvizie affligge circa 9 milioni di uomini, ma anche il numero delle donne che subiscono degli effetti di questa malattia è oggi sempre più in crescita. Chiamata scientificamente Alopecia Areata, si manifesta per diversi fattori e in nome di cause differenti.
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Le fasi del capelloIL CICLO DI VITA DEL CAPELLO Durante l’arco di vita di un essere umano, ogni capello presente sul cuoio capelluto ripete il suo ciclo di ricrescita: nasce , cresce , muore e rinasce . Per queste ragioni, la perdita di capelli giornaliera, entro certi limiti, va considerata fisiologica . Il ciclo di vita di un capello prevede quindi delle fasi di CRESCITA , delle fasi di CADUTA e delle fasi di RIPOSO . Fase di Crescita o ANAGENA (Anà= su, sopra; Genà= genesi, nascita) : si stima una durata media di circa 4 anni (ovvero varia dai 2 ai 6 anni). Le cellule della papilla germinativa si dividono e crescono spingendo le cellule precedenti verso l’alto. Così il capello crese. Fase di Caduta o CATAGENA (Katà= giù; Genà= genesi, nascita) : in questo caso la durata media oscilla dai 2 ai 4 mesi. Il capello non cresce più. In seguito una papilla si attiva e un capello nuovo appare. Fase di riposo Riposo detta anche TELOGENA (Telòs= termine, fine; Genà=genesi, nascita) : la durata media prevede circa qualche settimana(1-2 settimane). La divisione cellulare rallenta e poi si ferma. Il capello non cresce più. Come possiamo notare tutto questo indica che è assolutamente normale e fisiologica la caduta dei capelli. Per questo motivo bisogna distinguere la caduta dei capelli dalla perdita dei capelli , che può essere anche irreversibile. A questo proposito bisognerà parlare di Calvizie
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I bulbi del capelloI BULBI Il BULBO PILIFERO costituisce quella che comunemente, anche se non propriamente con esattezza, viene identificata come radice del capello. Il Bulbo pilifero è posizionato nella parte inferiore del follicolo pilifero, dove si innesca la papilla dermica, ricca di terminali nervosi e vasi sanguigni. Il Bulbo ha la funzione di assicurare la germinazione e la proliferazione del capello. Vediamo i vari tipi di bulbo. BULBO ANAGEN Bulbo NORMALE Il bulbo si presenta uniforme, ben scuro, con cheratinizzazione e pigmentazione correttamente sviluppate. La leggera guaIna di sebo è nella norma. La sezione è costante in tutta la lunghezza bulbare (dalla zona distale alla sovrabulbare alla radice). Bulbo SEBORROICO Si osserva un bulbo anormalmente sviluppato ben cheratinizzato nell’ampia zona media. Si individuano zone lievemente decheratinizzate in bulbo iniziale e sovrabulbare. La pigmentazione è omogenea. Siamo in presenza di eccessiva secrezione sebacea. Bulbo FORTEMENTE SEBORROICO Si osserva un bulbo ben cheratinizzato se si eccettua la strozzatura in zona sovrabulbare; lo sviluppo è chiaramente seborroico e la morfologia a pennello (o delta). Netta la guaina di sebo/seborra che avvolge totalmente bulbo e radice. Ci troviamo quasi certamente di fronte ad una decisa situazione seborroica. Bulbo AVVOLTO da SEBO VISCOSO Il bulbo appare discretamente cheratinizzato con comparsa di leggere depigmentazioni in zona radice e variazioni di spessore. Si nota abbondante guaina di sebo viscoso ad avvolgere radice e bulbo. Si ipotizza eccesso di secrezione sebacea con tendenza del sebo a viscosizzare velocemente. DECHERATINIZIAZIONI Si osserva una decheratinizzazione diffusa in zona distale del bulbo per passare poi in bulbo medio ad un incremento del mancato apparato cheratinico; in zona sovrabulbare si notano con chiarezza punti di concentrazione strutturale (cheratinizzazione) alternati ad altri che appaiono senza colore (insufficienza cheratinica). BULBO CATAGEN Si sta concludendo la fase della vita del capello; il follicolo si accorcia, la proliferazione cellulare nella matrice si sta arrestando. Il bulbo assume la tipica forma di clava. Si nota la caratteristica frangia a sacchetto risultato del riassorbimento delle cellule endoteliali e della matrice. BULBO TELOGEN Si è concluso il ciclo pilifero; siamo in fase di riposo e il follicolo sì è accorciato di almeno tre volte rispetto alla fase anagen. Ora mancano le strutture (matrice, guaina interna e esterna e cuticola). Cheratinizzazione e pigmentazione sono ormai inesistenti essendo sopraggiunto il distacco del bulbo dalla matrice. IL CUOIO CAPELLUTO LE FASI DEL CAPELLO
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Problemi di calviziaLa calvizie è una condizione di mancanza, totale o parziale, dei capelli. Circa l’80% degli uomini è alle prese con la cosiddetta alopecia androgenetica , nome scientifico della calvizie. Essa indica quindi la perdita dei capelli, ma è bene distinguerla dalla caduta dei capelli fisiologica che, come abbiamo visto, fa parte del normale ciclo del capello La calvizie, invece, prevede una caduta dei capelli irreversibile . I soggetti appartenenti al livello I della scala di Hamilton sono quelli che non soffrono di calvizie. L’alopecia androgenetica o calvizie comune, è un diradamento della parte fronto-occipitale dei capelli, dovuto alla miniaturizzazione del fusto. Come tipo di alopecia è il più frequente: colpisce uomini e donne di ogni razza, con gravità diversa. E’ più frequente nella razza caucasica e solitamente colpisce gli uomini e non le donne. In altre etnie è meno presente La scala HamiltonSono sette i diversi stadi di calvizie classificati dallo studioso Hamilton. Tale classifica, insieme a quella di Norwood, viene utilizzata per indicare la situazione oggettiva di ogni paziente ed è basata sulla quantità di capelli che si dirada progressivamente e sulle zone del cuoio capelluto interessate. Si parte dalla fase I indicata nella figura, nella quale non vi è un diradamento dei capelli significativo, fino ada arrivare alla fase VII in cui, come vediamo, il diradamento della zona fronto parietale e superiore è quasi totale.
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La dieta su i capelliE' scientificamente dimostrato che una corretta alimentazione contribuisce al benessere dei capelli e del cuoio capelluto. Un corretto equilibrio tra proteine, vitamine e minerali aiuta a mantenerli sani e belli. G li integratori del capelloGeneralità e loro possibile utilizzo in tricologia, sono consigliati nei casi in cui l'organismo abbia carenza di determinati alimenti e favorire l'assunzione di determinati principi nutritivi non presenti negli alimenti di una dieta non corretta. Scopri come una dieta mirata agisce sul mantenimento dei capelli.Gli integratori alimentari Un 'lungo' capitolo sui principi 'qualitativi' nutrizionali può, a prima vista, sembrare difficile, eccessivo o addirittura inutile in questo manuale di tricologia e la tentazione di saltarlo a piè pari sarà certamente forte. Voglio però far rilevare come una dieta inappropriata e come stati carenziali, specie qualitativi, possono provocare un effluvio e contribuire ad aggravare un defluvio già in atto, talvolta in modo irreparabile. Poiché oggi il laboratorio ci permette di indagare sullo stato nutrizionale e di rilevare, con relativa facilità, almeno le carenze nutrizionali più grossolane e poiché queste possono quasi sempre essere corrette, le conoscenze di base su 'nutrienti e capelli' diventano indispensabili per chi voglia davvero fare della tricologia una scienza. Ormai da decenni è dimostrato ciò che da sempre si era intuito, cioè che esiste un diretto rapporto fra stato nutrizionale e sintesi delle cheratine dure dei peli e delle unghie. Già secondo Rook: 'diete troppo rigide e mal equilibrate hanno contribuito all'aumento delle alopecie e delle ipotrichie riscontrato negli ultimi anni, specie nelle donne'. CONSEGUENZE DI UNA CARENZA PROTEIC Bradfield ha dimostrato, su volontari sani sottoposti a dieta aproteica, che il diametro del bulbo dei capelli si riduce notevolmente dopo soli 11 giorni con marcata riduzione del pigmento melanico verso il 14° giorno, seguita da atrofia prima e poi perdita delle guaine del pelo interna ed esterna. E' importante notare che le alterazioni del bulbo e poi dello stelo del capello si verificano quando ancora non sono evidenti segni ematici di carenza, quasi che l'organismo, finalisticamente, risparmiasse le proteine per le funzioni essenziali togliendole a tutte quelle sintesi di cui può fare a meno. Dopo dieta aproteica una modesta trazione sul capello provoca la rottura intrafollicolare del fusto del capello, il quale dimostra così una netta riduzione della sua resistenza alla trazione e della sua tipica elasticità. In tutti i casi, aggiungendo proteine alla dieta, le alterazioni si dimostrano rapidamente reversibili. Distinguiamo una carenza proteica acuta ed una carenza proteica cronica. Carenza proteica acuta Nella carenza proteica acuta (Kwashiorkor) la percentuale dei capelli in anagen scende al 26-3O%. All'esame microscopico i capelli mostrano severi segni di atrofia evidenziabili dalla riduzione del diametro dei bulbi, uguale ad 1/3 del normale (circa 25 micron invece di 80) con presenza di una tipica 'strozzatura centrale' a clessidra, dalla perdita della guaina interna ed esterna, dalla marcata riduzione del pigmento. Inoltre la quantità di tessuto pilare prodotta giornalmente risulta ridotta a circa 1/10 e la velocità di crescita in lunghezza ad 1/4. del normale. Carenza proteica cronica Nella carenza proteica cronica (marasma) l'organismo tenta di adattarsi alla situazione di malnutrizione conservando le proteine per le funzioni essenziali alla sopravvivenza e le alterazioni sul capello sono ancora più drammatiche. In uno studio di Bradfield in bambini affetti da malnutrizione proteica cronica, viene riferito che solo l'1% dei capelli era in anagen e mancavano tutti delle guaine esterna ed interna. Il colore era nettamente alterato, rossiccio. Il diametro ridotto a meno di 30 micron. La velocità di crescita risultava di 1/10 di centimetro al mese e la sua discontinuità dava al capello un aspetto a tipo pseudo moniletrix. La resistenza dei bulbi alla trazione era, ovviamente, estremamente scarsa e gli steli si rompevano con grande facilità. L'aspetto generale dei fusti era quindi quello che si riscontra anche nella aplasia moniliforme, nei capelli fusiformi o nella tricorressi nodosa ma il loro diametro era assai minore di quanto lo è in queste alterazioni. Altre carenze nutrizionali generiche Sempre da Bradfield, a dimostrazione che il pelo non ha bisogno solo di aminoacidi, sono stati osservati sperimentalmente mutamenti del pelo in animali tenuti a dieta non ipocalorica ma priva di tutti i fattori nutrienti conosciuti, ad eccezione delle proteine. In questi animali il ritmo di crescita del pelo era ancora una volta rallentato, la resistenza dei fusti alla rottura era significativamente più bassa anche a parità di diametro, che comunque era quasi sempre ridotto. Tutte le alterazioni si dimostravano reversibili reintroducendo i principi mancanti nella alimentazione. Dal punto di vista pratico è importante chiedere al paziente che presenta caduta di capelli, se ha seguito diete particolari, se soffre di disturbi intestinali che possano condizionare un malassorbimento, se fa uso di lassativi, se usa farmaci diretti ad inibire l'assorbimento di sostanze alimentari (clofibrato, destrano, fitati etc.), se ha avuto una perdita di peso nell'ultimo anno o negli ultimi mesi. Comunque un semplice esame microscopico dei capelli (strappati e/o caduti) potrà evidenziare un ridotto diametro dei fusti, i bulbi facilmente si presenteranno come pseudodistrofici (piccoli e 'strozzati') e potrà esservi una riduzione in spessore o la perdita completa delle guaine nei capelli strappati in anagen. E' significativo che queste alterazioni morfologiche potranno manifestarsi quando ancora non vi sono variazione significative del rapporto anagen/telogen al comune tricogramma e che tutto questo può essere osservato, nelle forme larvate e 'nostrane', senza alterazione seriche delle proteine ematiche totali né del protidogramma né in presenza di 'decise' carenze seriche minerali o vitamine. Solo successivamente, se la situazione malnutritiva perdura, si osserverà un aumento netto dei capelli in telogen, con alterazione del rapporto anagen/telogen al tricogramma, e compariranno i segni ematologici tipici della malnutrizione come la diminuzione delle proteine totali, delle albumine, del colesterolo, della sideremia, zinchemia, magnesiemia, calcemia e delle vitamine dosabili. I nutrizionisti calcolano che un uomo adulto abbisogni di 0, 75 gr. di proteine per Kg di peso corporeo al giorno. Questo dato, a mio avviso, pecca per difetto e può essere sicuramente considerato minimale e non ottimale. Tenendo poi conto che almeno due terzi delle proteine introdotte con gli alimenti sono, comunemente, di origine vegetale, ed hanno quindi un valore biologico inferiore a quelle di origine animale perché prive degli aminoacidi cosiddetti essenziali (aminoacidi cioè che l'organismo non è in grado di sintetizzare ma deve assumere preformati), si può tranquillamente fissare il fabbisogno proteico per l'uomo comune ad almeno un grammo al giorno per Kg di peso corporeo. Un giovane poi necessita certamente di quantità 'ottimali' ancora maggiori e inversamente proporzionali alla sua età e per dimostrarlo basti pensare a quanto è aumentata la statura media di ogni popolazione (dall'Italia al Giappone) quando la dieta si è arricchita in proteine. Se il fabbisogno proteico è più elevato nei giovani in crescita lo è anche di più nella gravidanza, nelle malattie febbrili ed aumenta ancora col lavoro muscolare e con l'attività sportiva (per la necessità di riparare i microscopici ma continui danni muscolari). E' quindi più facile di quanto comunemente si creda incorrere in modesti deficit proteici, senza certo arrivare al Kwashiorkor od al marasma, anche nella vita comune di una società evoluta. Questi modesti deficit proteici disturberanno ben poco lo stato globale di salute ma potranno sicuramente essere causa di un 'inspiegabile' effluvio, aggravare un defluvio in atto, ridurre la velocità di crescita dei capelli e delle unghie, essere causa o concausa in una onicoclasia ed in una onicodistrofia. In definitiva voglio fare notare come in Tricologia i 'parametri serici di normalità' di tutti i nutrienti sono assai più ristretti di quanto considerato dalla Medicina Generale. P roteine e CapelliAlcune proteine risultano particolarmente importanti per una crescita sana del capello. Appaiono essere particolarmente importanti la metionina, l'istidina, la glicina, la fenilalanina, la tirosina e gli altri aminoacidi della gelatina di collagene. Proteine e Capelli Fra i vari aminoacidi alcuni appaiono essere particolarmente importanti per la formazione delle cheratine dure dei peli e delle unghie: la cistina, la metionina, l'istidina, la glicina, la fenilalanina, la tirosina e gli altri aminoacidi della gelatina di collagene. La cistina E' l'aminoacido a più alto peso molecolare (240, 23) e si caratterizza per il contenuto in zolfo (27%) superiore a tutti gli altri aminoacidi solforati. La cistina presenta un legame S-S molto stabile che, utilizzato nella struttura delle cheratine, conferisce a queste tenuta e resistenza. La presenza di cistina è, ovviamente, indispensabile per il processo di cheratinizzazione ed è presente in grandi quantità nello strato esterno della cuticola del pelo. Si è dimostrato sperimentalmente, nell'animale, che una alimentazione priva o povera solo di cistina determina una netta diminuzione di produzione di tessuto pilare. Esami istologici cutanei praticati ad animali a dieta cistinopriva hanno evidenziato una prevalenza di follicoli in catagen circondati da un infiltrato linfocitario. Per quanto riguarda la pigmentazione del pelo è stato visto che la cistina facilita la sintesi di eumelanine. Importanti sono i rapporti fra cistina e vitamina B6 perché in caso di difetto di questa vitamina il tasso di cistina in circolo diminuisce. Il grado di cheratinizzazione aumenta e si perfeziona con l'aumentare del tasso di cistina nei tessuti e col diminuire del contenuto in cisteina. Salendo dagli strati profondi della cute e del follicolo pilifero l'ossidazione dei gruppi -SH liberi della cisteina dà luogo ai ponti disolfurici -S-S della cistina, necessari per la stabilità e la resistenza delle cheratine. Non esiste un definito fabbisogno giornaliero di cistina nell'uomo, ma comunque questo aminoacido è stata proposto in terapia per le affezioni della cheratinizzazione alla dose di 1-1, 5 gr. al giorno. La cistina è abbondante nelle uova e nel latte vaccino. La metionina E' un altro aminoacido solforato proposto in terapia per le affezioni della cheratinizzazione. Appare di efficacia inferiore alla cistina e ormai sembra di poter affermare che è utile solo perché può essere facilmente convertita in cistina in presenza di vit.B12 e/o acido folico. Cistina e metionina (ed in minor misura anche gli altri aminoacidi solforati: cisteina, taurina, acido cisteico, cistationina) hanno anche una non trascurabile attività antiossidante. Sono cioè in grado di neutralizzare i radicali liberi (H202, 0+, H-) prima che possano reagire con le molecole biologiche, in tal senso si sono dimostrate valide come agenti protettivi da radiazioni ionizzanti e in grado di impedire una alopecia da radiazioni. Cistina e metionina si sono dimostrate anche valide nell'impedire l'alopecia dopo intossicazione da tallio. Istidina, glicina, fenilalanina, tirosina Sono tutti contenuti nella gelatina di collagene che somministata per via orale ha dimostrato di favorire il turnover del collagene umano ed, associata alla cistina, di migliorare il processo di cheratinizzazione ed aumentare ancora il contenuto di zolfo nel pelo per incremento della disponibilità dei precursori. Ricordiamo che la gelatina di collagene non contiene, quasi, cistina. Contenuto medio di aminoacidi della gelatina di collagene (in %) glicina 25, 5 cistina 0, 1 alanina 8, 7 tirosina 0, 5 leucina 3, 2 arginina 8, 1 isoleucina 1, 4 idrossiprolina 14, 1 treonina 1, 9 serina 0, 4 ac glutammico 11, 4 metionina 1, 0 istidina 0, 8 fenilalanina 2, 2 prolina 18, 4 ac aspartico 6, 6 valina 2, 5 lisina 4, 1 L'istidina si trova abbondante nella carne di maiale, nel glutine ed in alcune farine. Viene attivamente incorporata nella cheratina a livello dello stato granuloso. La glicina è forse il più importante degli aminoacidi del collagene per il trofismo del capello. L'effetto, talvolta sorprendente, riscontrato sulla cheratinogenesi per somministrazione di gelatina sembra possa essere in gran parte attribuito all'azione della glicina, che è anche l'aminoacido quantitativamente più importante del collagene. Fra gli alimenti è abbondante anche nel latte. La fenilalanina e la tirosina rivestono una grande importanza per la produzione di melanina e quindi per la pigmentazione del capello ed è alla loro carenza che è in gran parte attribuibile la depigmentazione dei capelli che ritroviamo nel marasma. Fenilalanina e tirosina sono abbondanti nelle farine e nel glutine. V itamine e capelliLa presenza di anomalie dei capelli e dei peli può in certi casi essere ricondotta a carenze vitaminiche. Scopri come l'assunzione di vitamine attraverso una dieta sana ed equilibrata può ristabilire l'equilibrio necessario alla salute dei tuoi capelli. Vitamine e Capelli Dal punto di vista biochimico le vitamine sono un gruppo di sostanze eterogenee, senza contenuto energetico proprio, attive a dosi generalmente molto piccole, necessarie all'organismo e alla sua crescita, che non possono essere in genere sintetizzate e devono pertanto venir introdotte con gli alimenti (in alcuni casi la flora batterica intestinale ne produce una certa quota). A seconda delle loro caratteristiche vengono distinte in liposolubili (A, D, E, K) e idrosolubili (B1, B2, B3, B5, B6, B8, acido folico, B12, C, acido lipoico). Alcune sostanze non rientrano fra quelle propriamente definite vitamine (B4, B7, B10, B11, B13 o acido orotico, B14, B15 o acido pangamico, inositolo, rutina o vit. P, carnitina o vit. T, coenzima Q), e non saranno perciò descritte nei dettagli. Alcune vitamine (A, E, B5, B6, PP, H) sono sicuramente coinvolte nell'attività follicolare. La presenza di anomalie dei capelli e dei peli può in certi casi essere ricondotta a carenze vitaminiche imputabili spesso a drastici regimi dietetici perseguiti con troppa disinvoltura. Il concetto di vitamina ha la sua origine nella constatazione che i principi alimentari fondamentali (proteine, grassi, carboidrati) non bastano a tenere in salute l'organismo. Sebbene da tempo i navigatori si fossero resi conto della necessità di portare dei limoni nei viaggi di lunga durata e da tempo fosse riconosciuta l'utilità dell'olio di fegato di merluzzo, la nozione del bisogno di una certa qualità nell'alimentazione rimase un concetto molto vago ed empirico fino all'inizio del XX° secolo. Nel XIX° secolo si era potuto stabilire che la mancanza di certi fattori nell'alimentazione era all'origine di malattie che da sempre avevano accompagnato l'uomo nella sua storia. Scorbuto, pellagra, beri-beri avevano decimato gli equipaggi delle navi, piegato eserciti potenti, distrutto nazioni. Il nome 'vitamina' fu dato per la prima volta alla tiamina nel 1911, per indicare che questa sostanza aveva la struttura di un anima e che era indispensabile alla vita. A partire dagli anni trenta si sono prodotte per sintesi le vitamine in quantità sufficiente ad assicurare il trattamento preventivo e curativo delle malattie da carenza. Successivamente si sono estese, talvolta esageratamente, le loro indicazioni terapeutiche. In seguito, per reazione, si è passati a discutere su certe loro indicazioni ed anche a mettere in dubbio il loro interesse, come farmaci nei paesi evoluti, nei quali la popolazione dovrebbe beneficiare di una alimentazione sufficiente ed, almeno teoricamente, equilibrata. Oggi che metodi di indagine moderni hanno messo in evidenza stati di carenza vitaminica anche in gruppi di popolazioni appartenenti alle società più industrializzate, si è riacceso l'interesse di ricerca intorno a queste sostanze e molte di esse stanno sempre più riconfermando la loro efficacia come veri medicamenti dotati di attività farmaco-dinamica. Se lo vuoi puoi anche visitare il nostro negozio online dove potrai trovare moltissimi prodotti utili per combattere la caduta capelli, oltre ad altri prodotti per la salute e il benessere, o anche prodotti per dimagrire. Oggi si sta rivalutando l'utilità di un apporto extra alimentare di vitamine ed inoltre queste stanno dimostrando insospettate capacità farmacologiche che probabilmente saranno una delle 'novità' della medicina degli anni futuri. Si è anche visto come, in certi casi, l'assunzione esasperata di una sola vitamina può provocare carenze relative delle altre, con conseguenti disturbi pseudo-carenziali, e pertanto, nella prevenzione, si deve dare la preferenza a composti multivitaminici in dosi equilibrate. Personalmente ritengo che una somministrazione extra di vitamine non sia mai dannosa (sempre che non si ecceda in vitamine liposolubili capaci di accumularsi nel tessuto adiposo) e quasi sempre, utile anche per i capelli. Purtroppo nel tentativo di capire i rapporti fra cute e vitamine si è tentato, inadeguatamente, di trasferire in campo umano i numerosi dati relativi agli animali e, come conseguenza, la letteratura abbonda di affermazioni discordanti e contraddittorie. Vediamo cosa si può dire di certo o di sufficientemente accettato. Vitamina A (retinolo) e retinoidiLa vit. A (retinolo) è un alcool a catena lunga che si trova in natura prevalentemente sotto forma esterificata con acidi grassi in 16 differenti isomeri di cui solo 6 sono noti. E' insolubile in acqua, facilmente solubile in etere, cloroformio, acetone, grassi ed olii. Si trova solo in prodotti di origine animale: olio di fegato di pesce, fegato di mammiferi (soprattutto orso bianco) e, in minore quantità, in burro, latte, formaggio, uova. Le provitamine A o carotenoidi, di cui il rappresentante più importante e conosciuto è il beta-carotene, si trovano soprattutto nei vegetali verdi e nella buccia dei frutti, a cui da colore. In laboratorio è possibile scindere esattamente una molecola di beta-carotene, fortemente liposolubile, in due di vitamina A. Questa divisione matematica non è però attuabile dalle cellule della parete intestinale che addirittura, solo in condizioni particolarmente favorevoli, riescono ad ottenerne almeno una; da qui la necessità di somministrare quantità di beta-carotene e carotenoidi assai più elevate rispetto alle apparenti necessità teoriche. La vit. A viene misurata in U.I. (Unità Internazionali): _____________________________________________________________ 1 U.I. vit. A = 0, 344 microgrammi di vit. A acetato (terminale molecola CO-CH3); = 0, 550 microgrammi di vit. A palmitato (terminale molecola CO-(CH2)14-CH3). L'attività della vit. A palmitato è pertanto circa il 75% di quella acetato. 1 U.I. provitamina A = 0, 600 microgrammi di beta-carotene (1 microgrammo = 1 millesimo di milligrammo) Non essendoci una relazione precisa fra U.I. di vit. A e di beta-carotene, dal 1969 il contenuto di vit. A o provitamina A viene espresso in microgrammi di retinolo o retinolo equivalenti: 1 retinolo equivalente = 1 microgrammo o 3, 33 U.I. di retinolo; = 6 microgrammi o 10 U.I. di beta-carotene; = 12 microgrammi di carotenoidi diversi. Si tiene cioè conto, per carotene e derivati, della loro effettiva capacità di trasformarsi in vit. A nell'organismo. _____________________________________________________________ Dato che il fabbisogno medio giornaliero di vit. A è 3300-5000 U.I. (cioè 1000-1500 microgrammi o 1-1, 5 milligrammi) quella di beta-carotene è pertanto: 1000-1500 x 6 = 6000-9000 microgrammi (6-9 milligrammi). Per quanto riguarda la quantità di vitamina contenuta nei cibi si possono fare i seguenti esempi: 100 gr carota = 12 mg beta-carotene (circa 6600 U.I.); 100 gr albicocca = 2, 7 mg beta-carotene (circa 1485 U.I.); 100 gr burro = 1 mg vit. A (3300 U.I.). In condizioni normali l'assorbimento di vit. A (sotto forma di retinolo libero o esteri del retinolo) a livello della parete intestinale è completo e può portare a ipervitaminosi, mentre per i carotenoidi questo non succede in quanto l'intestino li trasforma in vit. A solo per la quota che necessita all'organismo. Il fegato accumula grandi riserve di vit. A e quindi l'ipovitaminosi non si manifesta per lunghi periodi anche in assenza di assunzione con gli alimenti. La vit. A circola nel sangue legata ad una proteina specifica, R.B.P. (proteina legante il retinolo), sintetizzata dal fegato. Funzioni della vit. AMeccanismo della visione. La vit. A partecipa alla formazione della porpora retinica (rodopsina), recettore della luce particolarmente importante per la visione in bassa intensità luminosa (visione crepuscolare). Integrità di pelle e mucose. La vitamina A è un costituente della membrana cellulare e si può affermare che in ogni cellula deve esistere una quantità adeguata di vitamina, al di sopra o al sotto della quale la stabilità della membrana, e quindi della cellula, si altera. Ne deriva che sia in condizioni di ipovitaminosi che di ipervitaminosi sono dannose. Infatti, nella clinica, vediamo che sia condizioni di ipervitaminosi che di ipovitaminosi A portano ad alterazioni della cheratinizzazione con caduta di capelli in telogen negli stati di carenza ed in anagen negli stati di intossicazione acuta. La vit. A favorisce la sintesi dei mucopolisaccaridi (componenti essenziali del derma e delle guaine del pelo) e la secrezione di muco. La vit A è quindi indispensabile per il mantenimento dell'integrità degli epiteli di rivestimento. Regolerebbe inoltre la sintesi delle cheratine attraverso una azione specifica sui radicali sulfidrilici ma, se assunta in eccesso, potrebbe invece inibire questa sintesi (impedendo conseguentemente che l'ossidazione dei gruppi sulfidrilici (-SH) liberi della cisteina dia luogo ai ponti disolfurici (-S-S) della cistina, necessari alla stabilità ed alla resistenza del pelo. L' effetto protettivo del beta-carotene nei confronti dei raggi solari associato ad abbronzatura 'dorata' si verifica per dosaggi abbastanza elevati (50-70 mg/die) difficilmente ottenibili con le comuni preparazioni commerciali. Ha funzione di coenzima in alcuni passaggi metabolici nella sintesi degli ormoni steroidi: cortisolo, corticosterone, colesterolo, ormoni sessuali. La vitamina A è anche una sostanza antiossidante, impedisce l'ossidazione precoce della vitamina C assunta con l'alimentazione, ed è certamente capace di neutralizzare nell'organismo la presenza di radicali liberi che sono una delle cause dell'invecchiamento e delle degenerazioni neoplastiche e che presumibilmente contribuiscono alla caduta dei capelli dal IV° decennio di vita in poi, quando il defluvio è certamente meno 'androgenetico'. Esistono attualmente dati sperimentali che sembrano confermare un'azione 'protettiva' della vit. A e dei retinoidi sullo sviluppo dei tumori maligni e in qualche caso addirittura regressione. Questi studi preliminari necessitano tuttavia di ulteriori conferme. Un breve discorso a parte merita il beta caroteneSe fino a pochissimi anni fa si riteneva che il beta carotene giocasse il solo ruolo biologico di precursore della vitamina A, oggi si va ormai delineando anche un sua diversa ed autonoma funzione. E' in gran parte a questo pigmento che si deve la capacità dell'organismo di difendersi dai danni ossidativi indotti dai radicali liberi (H2O2, H-, O2+) che si formano in quasi tutti i distretti durante la loro specifica funzione (come ad esempio a livello broncopolmonare durante la respirazione, nell'intestino durante i processi digestivi e nei muscoli durante lo sforzo fisico). Questi danni vanno da una minore efficienza dell'organo, ad un vero e proprio invecchiamento, fino alla mutagenogenesi. Il suo meccanismo biologico si esplica sostanzialmente nella capacità di neutralizzare l'ossigeno singoletto (O+, ossigeno con attività tossica per le cellule che si forma nella pelle, ad esempio, in seguito a prolungata esposizione ai raggi ultravioletti, dando luogo a conseguenze anche molto gravi e non solo per la stessa pelle ma per tutto l'organismo). Il banale accorgimento di fornire all'organismo un apporto 'farmacologico' estra-alimentare di beta carotene viene oggi valutato positivamente da biologi, biochimici e nutrizionisti. Una dose giornaliera estra-alimentare di 2O mg di beta carotene sembra in grado di permettere di esporsi alla luce solare o ad una fonte di raggi ultravioletti con molta più tranquillità, pare che possa minimizzare gran parte dei danni da fumo di sigaretta sull'apparato broncopolmonare, sembra in grado di ridurre l'incidenza di coronaropatie, di tumori del seno, di carcinomi dell'apparato digerente e, in campo sportivo, di ridurre il danno indotto dallo sforzo atletico sulle fibrocellule muscolari riducendo i tempi di recupero e migliorando la qualità e l'efficacia dell'allenamento. Gli effetti del beta carotene vengono poi esaltati e moltiplicati, non aumentandone la dose, ma associandolo ad altri 'classici' antiossidanti, assunti anch'essi a dosi farmacologiche: essenzialmente la vitamina C (500 mg al giorno) e la vitamina E (100 mg al giorno). Deficit di vit. A:Può verificarsi per insufficiente apporto alimentare, malassorbimento intestinale, insufficiente produzione di R.B.P. da parte del fegato o eccessivo consumo. Sintomi oculari Nei casi di deficit lieve si osserva emeralopìa (diminuzione della visione al crepuscolo o in caso di scarsa illuminazione), nei casi di deficit grave si ha invece inizialmente xeroftalmìa (secchezza ed atrofia della congiuntiva bulbare che può causare opacità della cornea) e successivamente cheratomalacìa (rammollimento e deformazione della cornea che può portare, se si sovrappongono complicanze infettive, ad ulcerazione della stessa con associate lesioni dell'iride e del cristallino). Sintomi cutanei Si ha essenzialmente secchezza cutanea (per ipotrofìa progressiva fino all'atrofia delle ghiandole sebacee e sudoripare) ed ipercheratosi (ispessimento dello strato corneo che è quello più superficiale dell'epidermide) con pelle rugosa e ruvida. Le sedi più colpite sono gli arti e le regioni posteriori del collo. I capelli si presentano aridi, fragili, opachi facilmente estraibili con ridotta resistenza alla trazione per insufficiente ancoraggio delle guaine dovuto a deficit di formazione dei mucopolisaccaridi, loro componente fondamentale. La somministrazione terapeutica di vit. A prevede dosaggi abbastanza elevati: 50000 U.I./die (16 mg vit. A acetato) per 15 - 20 giorni nell'emeralopia; 150000 U.I./die per 60 giorni nella xeroftalmia; 150000 U.I./die per 45-60 giorni nell'acne (l'effetto benefico si ha a livello dell'ipercheratosi follicolare); 150000-200000 U.I./die per 60-90 giorni nelle discheratosi cutanee (malattia di Darier, pitiriasi rubra pilare, psoriasi); 200000 U.I./die per 120 - 180 giorni nella cheratomalacìa. I dosaggi dovranno essere adeguatamente elevati anche per la somministrazione di beta-carotene la cui assunzione, a scopo terapeutico, dovrà variare fra 90 e 360 milligrammi al giorno. In molti preparati commerciali il contenuto in beta-carotene è talmente basso da rasentare il ridicolo: se un confetto contiene infatti l'equivalente di 1000 U.I. di vit. A la somministrazione terapeutica dovrebbe infatti oscillare da 50 a150 confetti al giorno! Dovranno quindi essere utilizzate preparazioni nelle quali le quantità contenute siano chiaramente indicate evitando quelle nelle quali, complessi giri di parole e di percentuali, sembrano scritte volutamente per confondere le idee invece che per chiarirle. Se integrando l'alimentazione con beta-carotene si viene a determinare rapidamente una eccessiva pigmentazione giallastra della cute, e soprattutto dei palmi delle mani, si deve sospettare un ipotiroidismo o un diabete latente, poiché chi è affetto da queste patologie ha difficoltà a trasformare la provitamina in vitamina. 'attività della vitamina A è ottimale se viene somministrata insieme al complesso B, alle vitamine D, E, al calcio, al fosforo ed allo zinco che è necessario a livello epatico perché possa venire mobilizzata la vitamina A immagazzinatavi. Ipervitaminosi AE' un'evenienza rara a verificarsi nelle nostre regioni (si diagnostica per valori > 500 U.I./100 ml di sangue) e la si vede solo 'iatrogena', quando volutamente provocata con l'uso di retinoidi orali. Ipervitaminosi spontanea si trova descritta in letteratura solo negli Esquimesi che fanno largo uso alimentare di fegato di orso e di foca. l'ipervitaminosi A si manifesta con sintomi generali (astenìa, ipereccitabilità, anoressìa, disturbi del sonno, nausea e vomito), epatici (ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, aumento della fosfatasi alcalina, epatomegalìa con steatosi) e cutanei, fra i quali quasi paradossalmente, gli stessi sintomi della carenza vitaminica: secchezza cutanea, desquamazione, prurito, ragadi, indebolimento e caduta di peli e capelli e danno nella formazione delle guaine. I disturbi regrediscono rapidamente se si sospende la somministrazione. Occorre fare quindi attenzione, a somministrare come 'placebo' vitamina A ad alte dosi a chi perde i capelli, perché si potrebbe ottenere un, sia pur reversibile, effetto contrario, cioè un effluvio iatrogeno. Per evitare accumuli dannosi di vitamina è utile somministrarla per soli 5 giorni alla settimana ed interrompere quindi per 2 giorni. Quando in dermatologia si desidera usare vitamina A a dosaggi 'farmacologici' la sintomatologia da ipervitaminosi è comunque sempre inevitabile! Oggi, qualora si ritenga utile questa terapia, è più conveniente e più maneggevole fare uso di retinoidi, informando il paziente degli inevitabili e reversibili effetti collaterali. RetinoidiComprendono le forme naturali e gli analoghi di sintesi della vit. A. Dato che la molecola della vit. A è composta da tre parti (un gruppo ciclico, una catena polienica e un gruppo polare) e che ognuna di esse può essere variamente modificata il numero finale di combinazioni è pressoché illimitato. I retinoidi di prima generazione comprendono tutti i metaboliti naturali della vit. A, in particolare la tretinoina (Airol®) acido tutto trans retinoico o vit. A acida (terminale polare COOH invece che CH2OH) e il suo metabolita isotretinoina (Roaccutan®) o acido 13 cis retinoico. I retinoidi di seconda generazione, ottenuti per trasformazione del gruppo ciclico (retinoidi aromatici), hanno come capostipite l'etretinato (Tigason®). I retinoidi di terza generazione, ottenuti per ciclizzazione della catena polienica, comprendono la famiglia degli arotinoidi. L'indice terapeutico (per indice terapeutico, secondo Bollag, si intende il rapporto fra la dose più bassa in grado di provocare una ipervitaminosi A e la dose, somministrata per 14 giorni, che provoca una regressione del 50% del volume dei papillomi) dell'isotretinoina è 2, 5 volte superiore a quello della tretinoina mentre quello dell'etretinato è 10 volte superiore. Ancora maggiore, da 10 a 50 volte, quello degli arotinoidi (che arrivano fino a 8000 per quanto riguarda i soli papillomi). Effetti biologici principali dei retinoidiControllo della proliferazione e della differenziazione delle cellule epiteliali. A livello epidermico quest'attività determina modificazioni dei cheratinociti sia citoplasmatiche (fragilità lisosomiale, deposito di sostanze mucino-simili) sia della parete (riduzione del numero e della dimensione dei desmosomi), con conseguente assottigliamento e perdita di coesione dello strato corneo; si ha inoltre aumento dell'attività germinativa dei cheratinociti dello strato basale (e conseguente ispessimento dell'epidermide) e stimolazione delle cellule del Langerhans (ad attività 'difensiva'). Attività sui tessuti connettivali.A livello dermico si ha stimolazione dei fibroblasti, neoangiogenesi e incremento della desquamazione all'interno dei follicoli; riduzione di volume e di attività delle ghiandole sebacee (soprattutto isotretinoina) e inibizione della motilità dei granulociti neutrofili ed eosinofili (etretinato e isotretinoina). Applicazioni terapeutiche:Sono in generale quelle della vit. A rispetto alla quale alla maggiore attività si associano dosaggi di utilizzo più bassi che consentono di ridurre al minimo gli effetti tossici (per l'acne grave ad esempio si possono utilizzare 20-30 mg/die di isotretinoina al giorno). L'utilizzo dei retinoidi appare particolarmente appropriato nei casi di acne grave resistente ad altre terapie (isotretinoina a dosaggi variabili fra 0, 3 e 1 mg/kg/die per un periodo medio di 15-20 settimane), nelle forme gravi e soprattutto generalizzate di psoriasi (etretinato a dosi variabili fra 0, 3 e 1 mg/kg/die partendo con la dose più alta e scalando via via ogni 3-4 settimane fino a trovare la terapia di mantenimento più opportuna), ittiosi e stati ittiosiformi, cheratodermia palmo-plantare, discheratosi follicolare etc. In alcuni casi la terapia può indurre remissioni anche prolungate (come l' isotretinoina nell'acne), mentre in altri la malattia si ripresenta quasi subito dopo la sospensione della terapia (ad es. l'etretinato nella psoriasi) pur in assenza degli effetti 'rebound' tipici dei corticosteroidi. Effetti collaterali dei retinoidi:Gli effetti collaterali dei retinoidi sono quelli della vitamina A sopradosata ma hanno durata più lunga. In primo luogo occorre ricordare che i retinoidi sono teratogeni (ma non mutageni). Non sono pertanto da prescrivere in corso di gravidanza ed è indispensabile evitare una gravidanza per almeno 3 mesi dal termine di un trattamento con isotretinoina e per almeno 2 anni dopo etretinato, che è dotato di una emivita superiore a 150 giorni. Le manifestazioni più comuni e fastidiose, ma non intollerabili, sono comunque quelle cutaneo-mucose e, specie con l'uso di isotretinoina, il nostro paziente facilmente, nel 90% dei casi, lamenterà chéilite (secchezza delle labbra e piccole ragadi agli angoli della bocca), nel 30% dei casi dermatite eritematosa centro-facciale, nel 15% dei casi secchezza ed irritazione oculare con congiuntivite, nel 5 - 10% dei casi (ed a dosi alte di farmaco) un telogen effluvio che potrà impaurire ma che, addirittura, potrebbe dimostrarsi utile per lo stato generale dei capelli, appena risoltosi. Soprattutto con l'etretinato, nel 35% dei casi, il paziente lamenterà secchezza cutanea con prurito e, nel 50% dei casi, desquamazione palmo-plantare. Con una incidenza più o meno equivalente sia per l'etretinato che per l'isotretinoina, nel 40% dei casi, si avrà secchezza della mucosa del naso (con possibili fenomeni di epistassi) e della bocca. Nel 15% dei casi e sia con isotretinoina che con etretinato, potranno manifestarsi alcuni disturbi generali caratterizzati prevalentemente da sete, nausea, vomito, cefalea e dolori addominali. Più subdoli, ma generalmente accettabili, gli effetti ematoclinici che si presentano circa nel 10% dei casi con aumento delle transaminasi, dei trigliceridi e del colesterolo (attenzione ai diabetici). Nel maschio è descritta oligospermia con teratospermia (ovviamente reversibile) la cui incidenza appare sottostimata La regressione di tutti gli effetti collaterali è sicura ma avviene lentamente con la sospensione della terapia in uno - sei mesi. Vitamina DEsiste in due forme attive, una di sintesi cutanea, vit. D2 o ergocalciferolo, ottenuta per irradiazione ultravioletta dell'ergosterolo (provitamina D2) e una naturale, vit. D3 o colecalciferolo, estratta dall'olio di fegato di pesce e ottenuta per irradiazione ultravioletta del 7 deidrocolecalciferolo presente nel derma. La vit. D è insolubile in acqua, poco solubile nei grassi e negli olii, facilmente solubile in alcool e soprattutto in etere e cloroformio. L'U.I. di vit. D corrisponde a 0, 025 microgrammi (cioè 1 microgrammo = 40 U.I. e 1 milligrammo = 40000 U.I.). Il fabbisogno medio giornaliero del nostro organismo è 400 U.I. Una parte di vit. D viene introdotta con gli alimenti (fegato, pesce, tuorlo d'uovo, burro, latte ed in quantità minime verdure) ma la quota più abbondante viene direttamente sintetizzata dall'organismo in seguito ad irradiazione ultravioletta del 7 deidrocolecalciferolo presente nel derma e sintetizzato a partire dal colesterolo ed altri derivati sterolici. Qualunque sia l'origine, alimentare o dermica, la vit. D circola nel plasma legata ad una proteina che la protegge dall'ossidazione (e quindi dall'inattivazione). Dopo varie elaborazioni metaboliche, prima epatiche e successivamente renali (idrossilazioni), viene raggiunta la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalciferolo. Occorre sapere che l'idrossilazione epatica richiede una sufficiente funzionalità del fegato e che idrossilazione renale è androgeno - estrogeno dipendente e diventa assai difficoltosa nelle donne dopo la menopausa. Depositi di vit. D si hanno nei muscoli, nel tessuto adiposo ma soprattutto nel fegato. L'escrezione avviene sia con le feci che con le urine. Funzioni della vit. DA livello intestinale regola e permette l'assorbimento del calcio e dei fosfati. A livello osseo consente la corretta mineralizzazione e quindi la stabilità del tessuto. A livello renale controlla e inibisce l'escrezione del calcio. La regolazione del livello plasmatico di calcio e fosfati non dipende solo dalla vit. D ma comporta anche l'intervento dell'ormone paratiroideo che normalmente regola i processi di calcificazione e decalcificazione. In caso di carenza di vit. D si determina un'ipocalcemia secondaria che porta ad aumento della secrezione dell'ormone paratiroideo con azione osteolitica (cioè prelievo di calcio e fosfati dallo scheletro per alzare la scarsa quantità presente nel sangue). L'azione dell'ormone però, non bilanciata dalla vit. D, aumenta, anche a livello renale, l'escrezione di questi Sali. In questo modo la situazione non è mai compensata e si assiste ad una progressiva demineralizzazione dello scheletro (rachitismo ed osteomalacìa). Deficit di vit. DNel bambino determina il rachitismo, nell'adulto l'osteomalacìa. La differenza è dovuta al fatto che nell'adulto mancano le cartilagini di coniugazione, cioè quelle cartilagini che riproducendosi e ossificandosi via via permettono l'accrescimento dello scheletro. RACHITISMO: a seconda dell'età di insorgenza può manifestarsi con rammollimento del cranio, difetti di ossificazione delle fontanelle, alterazioni della gabbia toracica, curvatura delle tibie e dei femori, ipotonia dei muscoli e dei legamenti ed infine nanismo. Sono inoltre tipici l'ipotrichìa, la xerodermìa (cute spiccatamente arida) e la cheratòsi pilare. Oggi la causa più frequente di rachitismo è un difetto di assorbimento intestinale della vitamina che, peraltro, in caso di sospetto, può essere dosata nel sangue. OSTEOMALACIA: si manifesta con demineralizzazione ossea, rammollimento dello scheletro, soprattutto a livello della colonna vertebrale, del bacino, delle coste e delle ossa lunghe degli arti inferiori. Contemporaneamente si ha ipotrichia, xerodermia e prurito talvolta intollerabile. Oggi le cause più frequenti di osteomalacia sono l'iperparatiroidismo per un adenoma delle paratiroidi, che spesso viene sospettato solo per il riscontro casuale di ipercalcemia, e l'insufficienza renale cronica che comporta impossibilità della idrossilazione renale della provitamina (nei dializzati, ad esempio). I deficit vitaminici possono verificarsi anche per un insufficiente apporto alimentare e/o di esposizione solare, per malattie gastro-intestinali con malassorbimento, per gravi malattie epatiche. I dosaggi terapeutici variano da 400 a 16000 U.I./die secondo necessità (in casi estremi le dosi d'urto possono arrivare a 200000-600000 U.I./die). Oggi si utilizza, in pratica, la forma attiva: 1-25-diidrossicolecalciferolo. E' opportuno somministrare contemporaneamente Sali di calcio a dosaggio moderato (400-600 mg/die). Ipervitaminosi DEssendo la vitamina liposolubile, e quindi facilmente immagazzinabile dall'organismo, può verificarsi ipervitaminosi per sovradosaggio (quantità giornaliere di 100000 U.I. nell'adulto e di 4000 U.I. nel lattante). Le manifestazioni cliniche derivano dal fatto che, come già sappiamo, l'eccesso di vit. D determina liberazione di calcio dalle ossa con conseguente ipercalcemia Clinicamente l'ipercalcemia si manifesta con cefalea, astenìa, nausea, vomito, diarrea ed apparenti turbe del carattere. Persistendo l'ipercalcemia saranno possibili danni ben più gravi causati dalla fissazione del calcio nel tessuto renale e nelle pareti dei vasi, con lesioni irreversibili. Vitamina E (tocoferolo)Vitamina E è il termine generalmente utilizzato per indicare i diversi tocoferoli. L'alfa-tocoferolo è quello che si trova maggiormente in natura e con la più alta attività biologica. L'U.I. di vit. E corrisponde a: -1 milligrammo di alfa-tocoferolo-acetato (R = CO-CH3 forma più stabile); -0, 97 milligrammi di alfa-tocoferolo; -0, 73 milligrammi di alfa-tocoferolo (forma più attiva). Il beta-tocoferolo, isolato dall'olio di germe di grano, ha attività vitaminica pari al 30% di quella dell'alfa-tocoferolo. Il gamma-tocoferolo, isolato dall'olio di germe di mais, ha attività pari a solo il 15% di quella dell'alfa-tocoferolo. Il delta-tocoferolo, estratto dall'olio di soia, è praticamente inattivo. I diversi tocoferoli si distinguono fra loro per il numero e la posizione dei gruppi metilici presenti nel nucleo. La vit. E è insolubile in acqua, solubile nei grassi, negli olii, nei solventi organici (etere, acetone, cloroformio). E' termostabile, resistente agli acidi e agli alcali, sensibile all'ossidazione e alla luce, in particolare modo ai raggi ultravioletti. E' presente negli alimenti sotto forma di esteri del tocoferolo, viene idrolizzata nell'intestino tenue ed assorbita, come le altre vitamine liposolubili, attraverso la mucosa intestinale in presenza di Sali biliari. Circa il 35% della vitamina ingerita passa nella circolazione generale mentre il resto viene eliminato con le feci. Circola nel plasma legata alla frazione beta delle lipoproteine (tasso plasmatico medio 0, 7-1, 6 mg/100 ml). All'interno dell'organismo la ritroviamo depositata principalmente a livello del fegato (che ne possiede una piccola scorta), del tessuto adiposo, dell'ipofisi, delle ghiandole surrenali, dell'utero e dei testicoli. la vitamina E si trova soprattutto negli olii vegetali, nel burro, nell'uovo e nei cibi che contengono anche vitamina A con la quale esercita un ruolo sinergico. Funzioni della vit. ELa vitamina è la vitamina antiossidante per eccellenza ed è implicata nella 'protezione' delle membrane sia cellulari che intracellulari. Questo per l'azione stabilizzante dei gruppi metilici, contenuti nella sua molecola, nei confronti dei fosfolipidi che 'catturando' molecole di ossigeno ne riducono il consumo cellulare. Un deficit di vit. E associato ad eccesso di acidi grassi nell'alimentazione determina la comparsa di perossidi (che formano con le proteine complessi molecolari presenti in vari tessuti sotto forma di lipo-pigmenti) in grado di danneggiare la struttura dello strato lipidico di tutte le membrane cellulari. Con meccanismo analogo la vitamina E protegge anche dall'ossidazione la vit. A, i caroteni, gli acidi grassi poliinsaturi e le altre sostanze ad azione enzimatica ed ormonale con struttura, anche parzialmente, lipidica. Mantenendo la stabilità della membrana cellulare dei globuli rossi la vitamina E è essenziale nella regolazione della sintesi dell'eme. Nella regolazione della spermatogenesi e del ricambio dell'epitelio delle vie seminali. Nella formazione e nel ricambio delle fibre collagene, della sostanza fondamentale del connettivo, della muscolatura liscia e striata. La vitamina E è inoltre implicata anche nella respirazione cellulare e livello mitocondriale ed è quindi necessaria alla produzione di energia per le sintesi proteiche cellulari. Deficit di vit. ESi manifesta essenzialmente con anemia emolitica, ipotrofia e distrofia muscolare (presenza nelle cellule muscolari di lipo pigmenti dovuti alla polimerizzazione dei perossidi che si formano a spese degli acidi grassi poliinsaturi) e, nei casi gravi, con encefalomalacìa e danni alle fibre muscolari del cuore. Il fabbisogno giornaliero si aggira intorno a15 mg.(cioè 15 U.I. per l'acetato di alfa-tocoferolo) ma nel caso di somministrazione terapeutica i dosaggi dovranno essere molto più elevati e vengono comunemente prescritti: -100-150 milligrammi al giorno nella dismenorrea e nelle turbe funzionali della menopausa; -300 milligrammi al giorno nell'azoospermia e nell'oligospermia; -400-800 milligrammi al giorno nei disturbi cardiaci da anomalie delle fibre miocardiche. Ipervitaminosi Nonostante che il tocoferolo sia una vitamina liposolubile, in grado quindi di accumularsi nel tessuto adiposo, non sono dimostrati disturbi da eccesso di assunzione nell'uomo e non si verificano problemi con un sovradosaggio di 1200 mg/die e oltre! Nella sperimentazione animale sono stati segnalati aumento della creatinuria (danno renale?) e, un potenziamento delle antivitamine K, con complicanze emorragiche. Da quanto abbiamo appreso è facile comprendere come la vit. A e la vit. E integrano a vicenda i loro effetti sul metabolismo e le loro proprietà terapeutiche specie nelle alterazioni degenerative dei vasi, del tessuto connettivo e degli organi di riproduzione. Per questo motivo nelle preparazioni commerciali è spesso associata alla vitamina A. Relazioni della vitamina E con il coenzima Q Gli ubichinoni o coenzima Q hanno una struttura chimica molto vicina a quella dei tocoferoli e sicuramente una funzione molto importante a livello della catena dei trasportatori di idrogeno. Il coenzima Q non può essere considerato una vitamina dato che l'organismo può sintetizzarlo partendo da un aminoacido, la tirosina, con l'intervento di numerosi enzimi e coenzimi fra cui le vit. C, PP, B6 e B12, l'acido pantotenico e l'acido folico. Per le sue proprietà antiossidanti la vit. E potrebbe proteggere anche il coenzima Q dall'ossidazione. Vitamina K Il termine generico di vit. K (dal danese 'koagulation'), comprende la vit. K1, fitomenadione o fillochinone, di origine vegetale, il gruppo delle vitamine indicate come vit. K2, menachinone, prodotte da microrganismi, la vit. K3, menadione o menachinone-O, sintetica e infine la vit. K4, menadiolo, anch'essa sintetica. Tutte le vitamine K hanno in comune il nucleo 2-metil-1, 4-naftochinone. Sono liposolubili, stabili all'ebollizione ma rapidamente degradate dalla luce solare. La formazione di un sale mediante la fissazione di un radicale sodico o solfato consente di ottenere sostanze che, pur conservando l'attività vitaminica, diventano idrosolubili e possono pertanto essere iniettate per via intramuscolare. Nel plasma la vit. K1 circola alla concentrazione media di 0, 16 nanogrammi/ml (1 nanogrammo = 1 milionesimo di milligrammo) e si accumula essenzialmente nel fegato (in minore quantità in muscoli, ossa e cute) che ne possiede una riserva sufficiente per 8 giorni. L'eliminazione avviene sia attraverso le feci che le urine in quantità pressoché equivalenti. Fonti di vit K La vit. K1 viene assunta con alimenti come fegato, carne, cavolo, spinaci, broccoli, lattuga, fagioli crescione e molte verdure; la vit. K2 viene fornita dalla flora batterica intestinale, in particolar modo dall'Escherichia Coli, in quantità variabili dal 10 al 100% (!) del fabbisogno quotidiano, compensando così quella che viene introdotta con l'alimentazione. Il fabbisogno medio giornaliero di vit. K1 è stimato in 1-2 microgrammi per chilo di peso corporeo. Funzioni della vit. K La vit. K è fondamentale per la coagulazione del sangue, dove interviene a vari livelli (attivazione dei fattori II, VII, IX, X e delle proteine C e S), e per la carbossilazione di alcune proteine fondamentali per la costruzione della matrice ossea. Deficit di vit. K i sintomi di carenza possono verificarsi se: ad un insufficiente apporto alimentare si associa una massiccia e prolungata terapia con antibiotici; esiste una compromissione epatica così grave da impedire la sintesi delle proteine sintetizzate dal fegato dalle quali derivano i fattori della coagulazione vit. K dipendenti; esiste un'ipervitaminosi A (la vitamina A agisce in modo competitivo a livello epatico con la vit. K). Clinicamente si osserva essenzialmente una grave sindrome emorragica (prevalentemente muscolare e sottocutanea) mentre gli studi effettuati non hanno ancora accertato con chiarezza i danni a livello di altri tessuti. Ipervitaminosi K Non vi sono a tutt'oggi segnalazioni. I dosaggi terapeutici in caso di carenza variano da 20 a 100 mg/die (vit. K1 somministrata per via intramuscolare). Vitamina B1 (tiamina) E' indispensabile per l'utilizzo del glucosio per cui la sua carenza determina problemi soprattutto per quei tessuti che utilizzano questo zucchero come fonte principale di energia (primo fra tutti il tessuto nervoso ma anche il capello). Chimicamente è un alcool, completamente solubile in acqua, insolubile in acetone e cloroformio. E' termolabile e si denatura completamente a 100°C (per cui la cottura di alcuni cibi può distruggerla). La dose quotidiana oscilla fra 8 e 15 mg. Solo in minima parte viene sintetizzata dalla flora batterica intestinale e il fabbisogno viene quindi coperto con l'assunzione dei cibi: lievito di birra, cereali (riso e grano), pane integrale, soia, carne di maiale, fegato, rene, uova, latte e pesce. La vit. B1 viene eliminata con l'urina e, dato che l'organismo non può immagazzinarla, non esiste possibilità di ipervitaminosi. La carenza può manifestarsi in seguito all'utilizzo di cibi particolarmente raffinati (farina bianca, riso brillato) o che comunque abbiano subito manipolazioni (per la necessità di conservazione e sterilizzazione di frutta, verdura, carne) che ne abbiano impoverito il contenuto, in seguito a fattori che ne aumentano il fabbisogno (febbre, ipertiroidismo) o che ne aumentano l'escrezione con le urine (poliuria, diabete mellito, prolungati trattamenti con diuretici). I sintomi iniziali sono anoressìa e vomito a cui seguono astenìa muscolare, perdita di peso e, successivamente, sintomi correlabili ad alterazioni del tessuto nervoso periferico (dolore alla pressione del polpaccio, riduzione dei riflessi tendinei, riduzione di sensibilità, parestesie, alterazioni del tracciato elettrocardiografico, tachicardia) e del tessuto nervoso centrale (perdita di memoria, difficoltà di concentrazione, irritabilità, stati depressivi). Mentre tutt'oggi carenze di piccola entità sono frequenti da riscontrare, quella grave, 'beri-beri', è rarissima nei paesi occidentali. Il 'beri-beri' viene distinto in una forma secca (polinevrite e difficoltà alla deambulazione fino a paralisi flaccida, simmetrica, degli arti inferiori), una forma umida (con prevalente compromissione cardiovascolare, tachicardia, dispnea, palpitazioni, ipertrofia cardiaca) e una forma encefalopatica (degenerazione delle cellule del cervelletto con impossibilità a mantenere l'equilibrio, emorragie cerebrali). Vitamina B2 (riboflavina) Questa vitamina è un cofattore enzimatico essenziale per una grande quantità di reazioni metaboliche nella maggioranza dei tessuti. Nel sistema della catena respiratoria mitocondriale, dove si forma la gran parte dell'ATP necessario alla vita della cellula (e del capello) ciascun enzima è costituito da una proteina e da un gruppo prostetico. Il gruppo prostetico delle flavoproteine è la riboflavina. La dose quotidiana necessaria è di circa 1-2 mg. La vitamina B2 è scarsamente solubile in acqua e assai resistente all'aumento di temperatura ma si decompone rapidamente in seguito ad esposizione ultravioletta. La maggior parte degli alimenti animali e vegetali sono ricchi di vit. B2, in particolare lievito, frattaglie, latte, albume, pesce, carne e vegetali verdi. Nel latte la vitamina è in forma libera mentre nella maggior parte degli alimenti si trova coniugata a proteine. Se il latte rimane esposto al sole circa l'85% della vitamina viene distrutta. L'escrezione avviene attraverso sia le feci che l'urina. La carenza si manifesta con disturbi della cute e delle mucose, particolarmente in corrispondenza degli orifizi corporei (bocca, ano etc.) nei punti di transizione fra questi due tessuti (come gli angoli delle labbra) con fatti infiammatori. Non si conoscono sintomi da iperdosaggio. Vitamina PP ( B3, niacina) Comprende due metaboliti principali, l'acido nicotinico e la nicotinamide (peso polecolare 122), ambedue stabili chimicamente e solubili in acqua ed alcool. L'attivazione della vit. PP conduce a NAD (nicotinamide-adenina-dinucleotide) e NADP (nicotinamide-adenina-dinucleotide-fosfato) implicati in tutte le reazioni di ossidoriduzione dell'organismo, cioè di perdita o di acquisizione di uno ione idrogeno (NAD -> NADH -> NAD e NADP -> NADPH -> NADP), reazioni che avvengono costantemente a livello di tutti i tessuti e fondamentali nel metabolismo del capello per la riduzione del testosterone a diidrotestosterone (ad opera della 5 alfa reduttasi) e per l'ossidazione del testosterone ad androstenedione (ad opera della 17 beta idrossisteroidodeidrogenasi). La dose quotidiana e necessaria di vitamina PP è compresa fra 10 e 20 mg. In parte l'organismo è in grado di sintetizzarla (dal triptofano), ma ne sono comunque ricchi i lieviti, i cereali (la vitamina è tuttavia in questo caso molto meno biodisponibile perché sotto forma di nicotinil-estere, non idrolizzabile dall'organismo), ed è comunque ben presente nelle verdure, nella frutta fresca ed anche secca, nelle carni e nel fegato, nel pesce, nel latte e nei formaggi. L'eliminazione avviene per via renale. Il suo deficit provoca, nella sua espressione più grave, la pellagra, che si manifesta con disturbi cutanei (cute arrossata e secca, desquamante, iperpigmentata, talvolta edematosa soprattutto a viso ed estremità degli arti), gastrointestinali (stomatite, glossite, gastrite, diarrea) e nervosi (delirio, confusione mentale, allucinazioni). Dosaggi eccezionalmente elevati di vit. PP, ottenuti sperimentalmente, sono risultati epatotossici. Vitamina B5 (acido pantotenico) Come dice il suo nome (pantotenico) si trova in tutti i tessuti animali e vegetali. Fonti abbondanti sono i lieviti, il fegato, la carne, le uova, il pesce, la verdura, la frutta e, per il bambino, il latte materno (nel latte artificiale viene comunemente aggiunta Vit. B5 in ragione di 1-3 mg per 100 gr di polvere). La vit. B5 è il precursore del coenzima A (vit. B5 + ATP + cisteina) che tutte le cellule dell'organismo utilizzano per il meccanismo respiratorio, per la sintesi di acidi grassi, di ormoni, di colesterolo e in genere di tutte le reazioni necessarie alla 'vita' stessa delle cellule. La sua assenza è quindi improponibile in un organismo vivente. Il fabbisogno quotidiano è stimato intorno a 4 -7 mg. Sebbene nei ratti sia stato dimostrato che l'acido pantotenico è in grado di prevenire l'incanutimento e la caduta dei peli, nell'uomo questa azione non si è mai potuta dimostrare ed il proliferare di prodotti per capelli a base di pantotenolo è del tutto priva di fondamento scientifico! Una sindrome carenziale umana si è potuta ottenere solo in volontari alimentati con una dieta sintetica ed ha provocato: mal di testa, affaticabilità, parestesie, crampi muscolari, disturbi intestinali (duodeniti ed ulcere duodenali). Invece quadri dermatologici, come la dermatite seborroica, classicamente attribuiti a carenza di acido pantotenico, non sono stati riscontrati. L'eliminazione della vitamina avviene per via renale e non si conoscono disturbi da ipervitaminosi. Vitamina B6 (piridossina) Con questo nome vengono identificati 3 composti simili fra loro: piridossina, piridossale (gruppo CHO al posto del CH2OH della piridossina) e piridossamina (gruppo CH2NH2 al posto del CH2OH della piridossina). Tutti i tessuti dell'organismo possono trasformare, mediante l'enzima piridossal-chinasi, i 3 composti in piridossal fosfato, che rappresenta la forma attiva e che serve da coenzima per un grande numero di reazioni enzimatiche a livello epatico, cutaneo, cerebrale (neurotrasmettitori). Il fabbisogno quotidiano di questa vitamina idrosolubile (peso molecolare 206), stabile al calore ma degradabile alla luce, è circa 2-2, 5 mg. Una piccola quota di vitamina è fornita dalla flora batterica intestinale. Nel latte artificiale in commercio viene aggiunta una quantità di vit. B6 variabile da 0, 2 a 0, 4 mg per 100 grammi di polvere. Con l'alimentazione troviamo vitamina B6 nel fegato, nelle carni, nella farina di grano intero, nel mais, nel pesce, nelle uova, nel latte, nella frutta e nella verdura. I deficit di vit B6 sono rari ed in genere dovuti a: alcoolismo cronico (per inibizione dell'attività dell'enzima piridossal-chinasi e accelerata distruzione del piridossal-fosfato da parte dei prodotti di ossidazione dell'etanolo, in particolare dell'acetaldeide), trattamento con isoniazide in soggetti affetti da TBC (il farmaco si lega al piridossal-fosfato che perde la sua attività vitaminica), uso di contraccettivi orali (aumentato consumo di vit. B6). I sintomi principali di carenza (in pratica mai riscontrabili se non sperimentalmente) sono: perdita di appetito, vomito, diarrea, la
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Alopecia areataCenni storici sulla alopecia areata E' questa una storia profondamente legata a quella della medicina e in particolare al nascere della dermatologia quale arte coltivata da medici e non (già da allora!), nel tentativo di carpire, intuire, attraverso gli sfoghi della pelle, le tribolazioni degli umori interni di ciascun individuo. Medici, addirittura specializzati in «malattie della testa» (indicati dai Greci come iatroi kefalés) sono segnalati già nell'antico Egitto. A Tebe sono stati scoperti papiri medici risalenti al 1550 a.C. nei quali vengono descritte malattie della pelle identificabili con sufficiente attendibilità e fra queste si descrive già l'alopecia areata. Il primo ad adoperare il termine «alopecia» fu il grande Ippocrate, nato a Coo intorno al 450 a.C. A lui, peraltro, si deve gran parte della terminologia dermatologica tuttora adottata (ectima, lichen, psoriasi, esantemi, ecc...). Conoscitore dell'opera di Ippocrate, e suo degno successore, fu Aulo Cornelio Celso, che prestava la sua opera di medico a Roma negli anni a cavallo della nascita di Cristo. Celso fu autore di un trattato, il «De Re Medica», di capitale importanza per la medicina in generale e per la dermatologia in particolare, nei cui libri IV e V viene descritta l'alopecia areata, nella varietà ofiasica, e viene già distinta dal defluvio. Seguì una battuta d'arresto poiché la medicina del Medio Evo non conobbe l’opera di Celso. Bisogna arrivare al Rinascimento per ritrovare le tracce dell’alopecia areata o area di Celso, come veniva chiamata all'epoca. Fu Nicolò V, Papa dal 1471 al 1484, a riscoprire e divulgare il «De Re Medica». In quegli anni un famoso dermatologo di Ferrara, tale Giovanni Mainardi, cultore in special modo delle malattie del cuoio capelluto, tenne a sottolineare la differenza tra l'area celsi, vera malattia, e l'alopecia «volgare» (la nostra alopecia androgenetica) nella quale i capelli cadono, scrisse il Mainardi, probabilmente per scarsità di «umori». A metà del 1600 nasce il microscopio e Marcello Malpighi fu il primo a studiare la pelle con questo nuovo strumento. Negli anni successivi egli e altri cercarono di carpire il segreto delle malattie dermatologiche analizzando capelli, squame, forfore. Nel 1840 si verifica in Francia una epidemia scolastica di perdita di capelli a chiazze. La malattia venne descritta dal dermatologo Cazenave che la chiamò: «herpes tonsurans capilliti». Fu David Gruby, ungherese, di stanza a Parigi e fanatico microscopista, a descrivere le spore di un fungo (il microsporum) in questa particolare forma di alopecia. Si trattava di una epidemia di tigna microsporica (cioè di un infezione provocata da un fungo, il microsporum appunto, che si manifesta con perdita di capelli a grandi chiazze circolari), ancora sconosciuta in Europa e verosimilmente importata dalle colonie francesi del sud-est asiatico dove la malattia era endemica (cioè presente e conosciuta da tempo) dai figli degli amministratori e dei diplomatici. Cosa c'entra l'alopecia areata in tutto ciò? Nel descrivere il fungo, il Gruby, con una frase infelice, collegò l'epidemia di herpes tonsurans con «una certa varietà decalvante detta area di Celso». Ancora nei primi anni del 1800 l'alopecia areata stenta ad avere una ben precisa collocazione. Nel «Trattato compiuto delle malattie della pelle», scritto dal Barone Alibert - allora medico in capo del parigino ospedale di San Luigi - e tradotto in italiano nel 1835, si fa cenno all'alopecia areata nel capitolo delle dermatosi tignose, cioè: «di quelle eruzioni aventi per special sede il derma capelluto» con riferimento alle porrigini, cioè alle infiammazioni del cuoio capelluto con o senza perdita di capelli. La varietà con perdita di capelli prende il nome di porrigo tonsoria o decalvante. Nel descrivere questa forma, l'autore crea una certa confusione poiché da un lato sottolinea la presenza di numerosi casi negli ospizi e in molti collegi di Parigi (la famosa epidemia di tigna microsporica) e aggiunge che forse Celso abbia voluto comprendere queste (le porrigini tonsorie) in un genere da esso creato col nome di area. Dall'altra lo stesso Alibert, nel descrivere l'area celsi, paragona il cuoio capelluto dei pazienti a terreni sterili simili alle lande (pianura prevalentemente sabbiosa con scarsa vegetazione) dove non può crescere nulla, conseguenza di qualche malattia linfatica o l'effetto di una certa nutrizione anormale. E' necessario sottolineare, d'altro canto, che, a quell'epoca, la spinta all'osservazione microscopica porta tutti a trovare, a torto o a ragione, funghi dappertutto e non solo nell'alopecia areata. Il fungo considerato causa, a torto, dell'alopecia areata non è altro che il Pityrosporon, agente causale della pitiriasi versicolor. Ma affinché si chiarisca tutto ciò è necessario arrivare ai primi anni del 1900. Il fatto di aver dimostrato in modo inequivocabile la natura non infettiva della malattia non apporta certo elementi di chiarimento. In tutti i trattati di dermatologia degli anni 40 e 50 si fa riferimento, in tema di patogenesi, ad un ipotetico spasmo (restringimento) dei vasi sanguigni nelle zone colpite dalla perdita dei capelli, associato a fattori generali quali disfunzioni della tiroide o dell'ipofisi o delle ghiandole genitali o del timo. Secondo un illustre dermatologo dell'epoca, un buon numero di casi, specialmente quelli più gravi, potevano essere la risultante di una pregressa sifilide congenita. Negli anni 60, le conoscenze in campo immunologico ci offrono una nuova e più circostanziata chiave di lettura di tante malattie, alopecia areata compresa, ma questa è un'altra storia.
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Alopecia androgeneticaAlopecia androgenetica femminile L’alopecia androgenetica è il risultato di un processo combinato androgeno-dipendente e di una trasmissione genetica. É ormai comunemente accettato che l’alopecia androgenetica maschile è associata ad un incremento dell’attività della 5-alfa-riduttasi che porta ad un incremento locale della produzione di diidrotestosterone od a una maggiore sensibilità locale alla azione del DHT. Questo caratteristico processo è stato dimostrato principalmente, se non esclusivamente, negli uomini e poi, riteniamo impropriamente, esteso alle donne. L’incremento della 5-alfa-reduttasi o della sensibilità locale al DHT spiega la ben nota efficacia degli inibitori della 5-alfa-reduttasi. Il meccanismo attraverso il quale dall’aumento del diidrotestosterone locale si arriva alla miniaturizzazione e poi alla perdita dei capelli non è stato compiutamente chiarito. In tal senso sono stati proposti l’inibizione della proliferazione delle cellule nella papilla dermica per un processo vascolare basato sull’inibizione della produzione locale del fattore di crescita vascolare ed un processo insulino-resistenza. Ma se si considera il processo di calvizie come androgeno dipendente, l’alopecia androgenetica deve essere limitata alle sole aree recettrici degli androgeni. Nel cuoio capelluto, questi recettori sono stati individuati solo nell’area frontale e nel vertice, e non nell’area temporale ed occipitale. In effetti negli uomini è così e l’alopecia androgenetica si presenta solo in queste zone caratteristiche, mentre nelle donne la caduta dei capelli è raramente localizzata a queste sole aree, anche quando, con l’avanzare dell’età, si manifestano ampie zone calve. Nelle donne l’alopecia è, di solito, diffusa anche alle zone non androgeno dipendenti. Inoltre i livelli ormonali degli androgeni nella donna sana sono sempre molto più bassi di quelli presenti nel maschio. Anche il maschio in terapia con finasteride ha livelli di DHT circa 10 volte superiori a quelli della donna con alopecia il che la fa malamente definire come androgenetica. Nella sostanza gli inibitori della 5-alfa-riduttasi appaiono inefficaci nelle donne. Dosi farmaceutiche di estrogeni (gravidanza, contraccezione) hanno spesso un effetto benefico su molti casi di alopecia probabilmente attraverso diversi meccanismi non anti-androgeni: incremento del fattore di crescita vascolare endoteliale con effetto proliferativo delle cellule della papilla dermica. Dosi farmacologiche di estrogeni, di solito associate ad agenti antiandrogeni simili al progesterone, vengono usati estensivamente con buoni risultati, tuttavia non dimostrati in sede di test clinici. É importante anche precisare che la papilla dermica ha un’aromatasi, specificamente nell’area occipitale, la cui funzione non è stata ancora ben definita nell’ambito dell’alopecia femminile. Fatta eccezione per qualche raro caso di anomala produzione ormonale surrenalica o ovarica per difetto enzimatico o per tumore secernente, nelle donne, l’alopecia appare molto diversa da quella maschile ed i meccanismi appaiono nettamente differenti ed, anche se non ancora del tutto chiariti, quasi sempre assimilabili a quelli del Telogen Effluvio Cronico. Amy McMichael: “le cause più comuni della caduta dei capelli nelle donne e l’importanza di una diagnosi precoce nel trattamento” American Academy of Dermatology 57° meeting annuale, New Orleans, 2002. Price V.H., Roberts J.L., Hordinsky M., Olsen E.A., Savin R., Bergfeld W., Fiedler V., Lucky A., Whiting D.A., Pappas F., Culbertson J., Kotey P., Meehan A., Waldstreicher J.: “Mancanza di efficacia della finasteride nelle donne affette da alopecia androgenetica in post-menopausa”
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